Cessioni intra-UE: nuovo regime delle prove in vigore dal 1° Gennaio 2020

L’entrata in vigore, a partire dal 1° Gennaio 2020, del Regolamento 2018/1912/UE, modifica il regime delle prove necessarie per dimostrare il titolo a beneficiare dell’esenzione Iva nell cessioni Intracomunitarie.

Dette condizioni sono differenti a seconda che il trasporto dei beni in altro Stato membro sia effettuato dal soggetto cedente o dal soggetto cessionario (caso, quest’ultimo, tipico delle cessioni cosiddette “franco fabbrica”).

Oltre alla prove già richieste in passato (cmr timbrata, documenti bancari, ecc) le principali novità sono la necessità di mantenere agli atti la copia della FATTURA DI TRASPORTO (sia che questo sia effettuato dal cedente o dal cessionario) e, solo nel caso che il trasporto sia effettuato da o per conto del cessionario, di una specifica dichiarazione di ricezione delle merci, da inviarsi al cliente insieme alla fattura di vendita, e che deve essere ritornato compilato e firmato entro il 10° giorno del mese successivo alla cessione.

Vediamo quindi, in forma di rappresentazione schematica, le condizioni al verificarsi delle quali – in entrambi i casi in precedenza citati – si presume dimostrato il trasferimento dei beni da uno Stato membro all’altro ai fini della qualifica dell’operazione quale scambio intracomunitario.

A) Trasporto effettuato dal cedente o da un terzo per suo conto (rese Incotems® gruppi C e D)

Condizioni (possesso da parte del cedente) Documentazione necessaria
Almeno 2 dei seguenti elementi di prova, non contraddittori, rilasciati da parti diverse dal venditore e dall’acquirente
  • DDT (documento di trasporto) o CMR (lettera di vettura internazionale) firmato dal cedente, dal cessionario o dal vettore
  • Polizza di carico
  • Fattura di trasporto aereo
  • Fattura emessa dallo spedizioniere
Uno qualsiasi degli elementi sopra indicati, in combinazione con uno dei seguenti elementi di prova, non contraddittori, che confermano la spedizione o il trasporto, rilasciati da parti diverse dal venditore e dall’acquirente
  • Polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni
  • Documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni
  • Documenti ufficiali rilasciati da una Pubblica Autorità (es. notaio), che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione
  • Ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro

B) Trasporto effettuato dal cessionario da un terzo per suo conto (rese Incotems® gruppo F, tipicamente FCA)

Condizioni (possesso da parte del cedente) Documentazione necessaria
come sopra come sopra
Dichiarazione scritta rilasciata dall’acquirente entro il 10° giorno del mese successivo alla cessione, che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente (o da terzi per suo conto) e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni Contenuto della dichiarazione:

  • Data di rilascio
  • Nome e indirizzo dell’acquirente
  • Quantità e natura dei beni
  • Data e luogo di arrivo dei beni
  • Numero di identificazione (nel caso di cessione di mezzi di trasporto)
  • Identificazione del soggetto che accetta i beni per conto dell’acquirente

 

Per maggiori informazioni, vi invitiamo a scaricare il testo integrale del Regolamento UE, vincolante per tutti i Paesi Membri, reperibile al seguente link:

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32018R1912

 

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Acquisizione della certificazione ISO9001

Siamo lieti di annunciare che Sidex ha positivamente completato l’iter necessario per l’acquisizione della certificazione di processo secondo la ISO 9001:2015.

In un’ottica di miglioramento della soddisfazione cliente, Sidex ha sempre adottato una politica volta ad ottimizzare i suoi processi commerciali ed amministrativi, digitalizzare le informazioni ed il know-how aziendale e predisporre un ambiente di lavoro strutturato, volto a favorire la condivisione interna delle informazioni.

Questi processi da oggi sono certificati come conformi alla norma ISO9001 in essere.
Potete scaricare il certificato nella sezione Qualità.

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Ex Ilva: imprese al Governo «Priorità al ristoro crediti»

Ex Ilva: imprese al Governo «Priorità al ristoro crediti»

L’allarme dei sindacati e dell’indotto: «C’è il rischio di licenziamenti collettivi »

Il 2 febbraio le ispezioni dei Commissari Ilva in Acciaierie per le verifiche sugli impianti

La crisi di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, potrebbe subire un’accelerazione e misurarsi, oltre che con la nuova cassa integrazione, anche con i licenziamenti collettivi del personale delle imprese dell’indotto. «È un’ipotesi che abbiamo già discusso nella nostra assemblea e saremmo costretti ad attuarla qualora la situazione precipitasse» annuncia Fabio Greco, presidente di Aigi, l’associazione dell’indotto, aprendo ieri alla commissione Industria del Senato le audizioni sul nuovo decreto legge del Governo.

E anche Rocco Palombella, della Uilm, mette in guardia i senatori sul nuovo, possibile rischio. Mentre sul fronte societario, la richiesta ispezione in fabbrica a Taranto da parte dell’amministrazione straordinaria potrebbe cominciare già venerdì o lunedì prossimo. Attualmente se ne sta pianificando l’organizzazione. Infatti, dopo la lettera di venerdì scorso dei commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, si è aperto un dialogo tra Acciaierie, destinataria della lettera che chiedeva notizie sullo stato degli impianti, e la stessa amministrazione straordinaria, che ha la proprietà degli stabilimenti. «Non si stanno allungando i tempi, quello che ci preoccupa in questa fase è che non siano pregiudicati gli impianti» dice il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che conferma per il 6 febbraio la scadenza dei 15 giorni entro i quali Acciaierie è chiamata a rispondere a Invitalia, azionista pubblico di minoranza, sull’amministrazione straordinaria.

Invece nell’audizione in Senato i punti fermi emersi (ascoltati Aigi, Confindustria Taranto, sindacati, commissari di Ilva, sindaco di Taranto e in serata il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano) sono varie misure correttive al decreto, massima tutela ai crediti dell’indotto, potenziamento anche economico della cassa integrazione, aumento della provvista finanziaria che ora il dl esprime in 320 milioni.

L’ultima stima complessiva portata al Senato sui crediti dell’indotto vede 128 milioni diretti con Acciaierie e 19 milioni ceduti a Banca Ifis. «Taranto non può permettersi che lo stabilimento chiuda e che i crediti dell’indotto non siano ristorati, altrimenti tante imprese salteranno» avverte Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto. «Nel caso in cui si arrivi all’amministrazione straordinaria, proponiamo che nel decreto si preveda la cartolarizzazione – suggerisce Toma -. Con la procedura avviata, diventa infatti problematico pagare le fatture dell’indotto. Chiediamo poi di capire come si possa dare continuità al siderurgico per evitarne la fermata ma anche come contribuire al cambio di management». I crediti maturati siano pagati «direttamente prima della dichiarazione di amministrazione straordinaria», sollecita Greco di Aigi.

La gravità della crisi dell’ex Ilva, con i tanti impianti inattivi, è richiamata da Rocco Palombella della Uilm e Michele De Palma della Fiom Cgil, intervenuti insieme ai rappresentanti di Cisl, Usb e Ugl. Palombella chiede che la nuova cassa integrazione per gli addetti di Acciaierie sia rafforzata economicamente sulla scorta del modello della cassa per il personale dell’amministrazione straordinaria, che percepisce una maggiorazione del 10 per cento, mentre De Palma propone l’incremento dei 320 milioni postati nel dl per assicurare che la continuità aziendale sia anche produttiva. Sul futuro della fabbrica, Confindustria Taranto ribadisce: deve essere decarbonizzata. Ma i sindacati puntualizzano: si deve passare gradualmente dall’altoforno al forno elettrico. E il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: «Davanti abbiamo un solo scenario, un’Ilva più piccola, più moderna, più sicura. Non siamo più in grado di produrre oltre 6 milioni di tonnellate di acciaio perché l’impatto sulla salute é imponente. Lo dicono studi certificati. E allora se vogliamo il rilancio, non possiamo fare altro che chiudere le fonti inquinanti e riconvertire radicalmente lo stabilimento».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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Taranto, sfida strategica per la difesa e l’industria

Taranto, sfida strategica per la difesa e l’industria

Crisi ex Ilva. Scambi crollati: movimentate 21 milioni di tonnellate di merci nel 2011, solo 7,9 nel 2022. Nel porto gran parte della flotta italiana

La crisi dell’ex Ilva non è solo la crisi dell’ex Ilva. Taranto, la cui essenzialità nei cicli industriali della manifattura italiana si è ridotta dall’estate 2012 dei sequestri e degli arresti, resta un caposaldo strategico degli interessi economici e politici, di sicurezza e militari italiani e occidentali nel Mediterraneo.

La dimensione militare e della sicurezza.

La centralità geo-politica e geo-strategica di Taranto è significativa. A Taranto – e a Brindisi e a Grottaglie – operano nel perimetro della sicurezza e della difesa quindicimila addetti, fra militari e civili. Nel porto militare è dislocata la maggior parte della flotta italiana: la portaerei Cavour, il cacciatorpediniere Doria, i pattugliatori polivalenti della classe Thaon di Revel e quattro Fremm (le fregate multimissione). Più il comando dei sommergibili. Più, a Grottaglie, la base per gli aerei e gli elicotteri che vanno imbarcati sulle navi. Inoltre, Taranto è la porta di accesso – logistica – della Nato nel Mediterraneo, con il Soc, il Southern Operation Center, che è il cuore organizzativo dell’alleanza sia per le operazioni di guerra sia per le operazioni di pace. Da questa città, per esempio, sono partiti i soccorsi occidentali subito dopo l’ultimo terribile terremoto in Turchia. Taranto ha storicamente le strutture tecno-industriali valide per la difesa. Non a caso l’Italsider venne situata qui negli anni Sessanta perché, qui, esisteva una tradizione quasi secolare di cantieri, manutenzione, ingegneria navale e leadership militare. Taranto è strategica per l’Europa e per gli Stati Uniti dal Secondo dopoguerra. E lo è tuttora. A condizioni storiche e geopolitiche del tutto mutate.

II profilo commerciale e industriale.

La crisi di Acciaierie d’Italia si riflette sulla discesa vorticosa delle tonnellate di materie prime (le rinfuse solide) movimentate dal porto civile e destinate alla fabbrica. Nel 2011, un anno prima dell’inizio del caos, sono stati movimentate 21,170 milioni di tonnellate, con un aumento del 19,7% sull’anno precedente. Nel 2022, ultimo dato annuale completo disponibile, si è precipitati a 7,944 milioni, con un regresso del 18,7% sul 2021. Cali vistosi anche nel 2023. La tendenza non si è invertita con l’arrivo di Mittal: nel 2019, primo anno della nuova gestione, per le rinfuse -21,6% sull’anno prima. E, tranne nel 2021 quando ci fu +17,9%, cali anche negli anni successivi al 2019.

La decrescita delle materie prime per l’acciaieria ha portato verso il basso i volumi complessivi del porto. Nel 2003, Taranto movimentò 23,412 milioni di tonnellate. Nel 2012, scese a 21,254 milioni e nel 2015 a 13,081. Anche negli anni successivi la diminuzione per tutte le attività è stata confermata.

«Nel 2023 – spiega Sergio Prete, presidente dell’Autorità portuale – tutte le voci di traffico hanno il segno più ad eccezione di quelle attribuibili all’ex Ilva». Nel 2023, per le rinfuse solide il calo su base annua è del 5,2 per cento. Per le merci varie, in larga parte appunto attribuibili all’Ilva, il calo è del 4,3 per cento.

La nuova logistica.

Il porto civile ha bisogno di spingere i terminal ubicati sul molo polisettoriale. Sono quasi due chilometri di banchina. Nel 2001, dopo decenni di non utilizzo del molo polisettoriale, arrivò Evergreen. Partì il terminal container e l’attività prese a girare. Nel 2012, con la prima crisi dell’Ilva, fu firmato un accordo che prevedeva il dragaggio dei fondali. Questo per avere fondali più profondi e fare così arrivare navi più grandi. Ma quel dragaggio rimase incagliato e nel 2015 Evergreen lasciò Taranto. Per cinque anni, il terminal è stato fermo. Fuori mercato. Nel 2019 spunta il gruppo turco Yilport, che controlla la compagnia CMA CGM. Yilport ottiene la concessione e parte nell’estate del 2020. Ma i risultati rimangono modesti, al di sotto delle aspettative, lontani dagli obiettivi della concessione e inferiori alla potenzialità. Con Yilport a febbraio l’Authority verificherà piani e prospettive.

II combinato disposto.

Per tutte queste ragioni, che si intersecano e si sovrappongono, esiste una dimensione strategica rilevante in qualunque cosa accada a Taranto. Una società cinese rileva una partecipazione in una società che ha un appalto nel porto civile? Qualcuno si allarma. Quando nel 2020 la turca Yilport ottiene la concessione dei terminal, subito vengono considerati i suoi rapporti con gli Stati Uniti, dove ha grossi interessi. Ogni volta che sulla disastrata scena dell’ex Ilva compare un gruppo straniero, si compie – in maniera necessaria e ragionevole – l’analisi del sangue dei proprietari (indiani, francesi, ucraini). Taranto non è solo Taranto. L’ex Ilva non è solo l’ex Ilva.

Paolo Bricco e Domenico Palmiotti
Fonte: Il Sole 24 Ore

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Ex Ilva, ultimatum dei commissari: «Rischio spegnimento, ispezioni al via»

Ex Ilva, ultimatum dei commissari: «Rischio spegnimento, ispezioni al via»

Affondo del Governo: Urso ha chiesto di verificare lo stato degli impianti

Monito ad Acciaierie d’Italia per consentire l’accesso allo stabilimento pugliese

Impianti a rischio spegnimento. Continuità produttiva da garantire. Azioni correttive. Ispezioni urgenti. Notizie circostanziate. Il freddo lessico delle lettere che si scambiano i protagonisti dell’ex Ilva sembra sempre di più il preludio a uno scontro in Tribunale. Ieri mattina il ministro delle Imprese e del Made in Italy, a sorpresa, ha comunicato di aver sollecitato i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria (proprietaria degli impianti gestiti in affitto da Acciaierie d’Italia) e il socio pubblico Invitalia ad attivare «tutte le azioni necessarie al fine di garantire la continuità produttiva degli impianti siderurgici di Taranto». Poche ore dopo è arrivata la richiesta dei commissari all’amministratore delegato dell’azienda, Lucia Morselli, di ispezionare gli impianti. Si è mossa anche Invitalia, con una comunicazione per chiedere che, nel rispetto dei compiti di gestione, siano assunte «tutte le iniziative necessarie per garantire la continuità aziendale e la sicurezza dei lavoratori e degli impianti». La società guidata da Bernardo Mattarella paventa, «se fossero fondate le notizie» circa lo spegnimento degli impianti, conseguenze «potenzialmente disastrose e irreversibili».

Quanto ai commissari, nella loro lettera fanno riferimento a notizie attinte da varie fonti in base alle quali «lo stato degli impianti dell’acciaieria di Taranto sarebbe prossimo al collasso, al punto che la situazione, ove non intervengano immediate azioni correttive, potrebbe portare alla distruzione delle cokerie e degli altoforni ancora attivi, impedendo, o comunque, rendendo molto più oneroso, il successivo riavvio della produzione». Si riprendono «dichiarazioni di fonte sindacale» che fanno riferimento «all’imminente spegnimento di tutti gli impianti dello stabilimento di Taranto». Di qui – dopo una prima lettera del 23 gennaio che si sottolinea rimasta «inspiegabilmente priva di riscontro» – il rinnovo dell’invito a fornire «entro la fine dell’odierna giornata lavorativa» (entro ieri dunque) «notizie circostanziate circa l’eventuale decisione» dello spegnimento e «circa le cautele che, in tal caso, intendereste adottare» per garantire la funzionalità degli impianti. I commissari chiedono di avviare le ispezioni anche in deroga alla procedura che regola questo tipo di accessi dichiarandosi «sin da subito» disponibili a mandare i propri tecnici. Attualmente, i rapporti tra proprietà e gestore prevedono che Ilva in As faccia richiesta di ispezione e che Acciaierie risponda entro cinque giorni lavorativi. Ma la situazione nel siderurgico sta precipitando, perciò ministero e commissari vogliono accelerare i tempi. Nelle ultime ore infatti i sindacati hanno denunciato che è stata abbassata la carica dell’altoforno 4, mettendo più coke e riducendo il ferro, operazione che prelude alla fermata, e che si sta predisponendo lo stop delle batterie coke 7-8. L’altoforno 4 é l’unico attualmente in marcia.

Le lettere inviate ieri confermano un quadro sempre più prossimo all’attivazione dell’amministrazione straordinaria anche per Acciaierie d’Italia (dopo quella in essere per la vecchia Ilva) su istanza del socio pubblico Invitalia, opzione attivabile tra sette giorni in base alla procedura del decreto legge 2/2023 e del nuovo decreto approvato il 16 gennaio. I negoziati tra Invitalia e il socio privato ArcelorMittal formalmente restano aperti, stando alla lettera inviata dalla società controllata dal Tesoro in riferimento alle condizioni finanziarie per un possibile accordo su aumento di capitale e governance, ma la deflagrazione è a un passo. Lo dimostra anche la decisione di Acciaierie d’Italia spa di puntare a un ricorso cautelare d’urgenza ex articolo 700 del Codice di procedura civile al Tribunale di Milano per rintuzzare l’amministrazione straordinaria.

L’ultima ispezione fatta da Ilva in amministrazione straordinaria risale a giugno 2020. Non fu facile per i tecnici entrare in quanto l’ad Morselli si oppose adducendo come motivazione il mancato rispetto delle regole di accesso. L’ispezione ebbe poi luogo nei giorni successivi a quelli programmati. Emerse già allora un quadro di criticità (Mittal aveva in gestione la fabbrica da oltre un anno e mezzo), poi confermato da Arpa Puglia (Agenzia regionale per la protezione ambientale) nei sopralluoghi fatti insieme all’Ispra sullo stato dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Arpa aveva parlato di impianti «ammalorati». Le ispezioni arrivarono nel pieno dello scontro tra il governo Conte e la multinazionale. Contesa che, dopo le minacce di cause colossali, si concluse con l’accordo che oggi sta lentamente andando in frantumi.

In serata Acciaierie d’Italia ha risposto ai sindacati che hanno denunciato «uno spostamento illecito di personale da un impianto all’altro» ribadendo che ogni intervento è fatto «nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di legge e di contratto. L’azienda continua ad operare nel pieno rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza del personale e degli impianti».

Carmine Fotina
Domenico Palmiotti

Fonte: Il Sole 24 Ore

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