Dall’accordo sindacale del 2014 con la cabina di regia anti-crisi del Mise fino alla discussione, avviata pochi giorni fa, per definire un nuovo premio di risultato. La rigenerazione di Acciai speciali Terni (Ast), primo produttore italiano di acciaio inossidabile, è completa. L’azienda siderurgica, tornata quattro anni fa nella mani di ThyssenKrupp (dopo che dagli stessi tedeschi era stata ceduta a Outokumpu, costretta dall’antitrust Ue a rimetterla sul mercato) conferma il trend di ripresa inaugurato dall’ex amministratore delegato Lucia Morselli e proseguito dal successore Massimiliano Burelli. La prima pietra miliare è stata l’anno scorso, con il ritorno all’utile e le dichiarazioni del viceministro Teresa Bellanova («Ast non è più un’azienda in crisi»). È di poche settimane fa la conferma del risultato netto positivo (salito a 87 milioni), che rafforza la fiducia nei nuovi progetti e percorsi, come la gara internazionale per la gestione delle scorie o l’approccio a segmenti di mercato a maggiore valore aggiunto. Strategie che, alla vigilia della scadenza quadriennale dell’accordo sindacale, traghettano di fatto l’azienda verso una nuova stagione. I risultati dell’ultimo esercizio mostrano che Ast («un’azienda con i controfiocchi» l’ha recentemente definita il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi) è riuscita a centrare obiettivi che solo pochi anni fa (prima dell’accordo, Ast aveva ricapitalizzato per 460 milioni e chiuso in rosso per 128 milioni) sembravano lontani. I due forni oggi sono entrambi in marcia (uno viaggia a 21 turni, l’altro a 15), per una produzione che ha raggiunto il milione di tonnellate, soglia che quest’anno dovrebbe essere ampiamente confermata.

Il fatturato nel 2017 è stato di 1,674 miliardi. Nell’ultimo esercizio sono stati investiti 58,2 milioni, con un incremento di 13,8 sull’esercizio precedente: a quadriennio concluso raggiungeranno 182 milioni, più dei 170 concordati in sede sindacale. Il risanamento è completato e per questo motivo Ast ora potrebbe anche essere ceduta, visto che ThyssenKrupp ha sempre dichiarato, fin dal riacquisto «forzato» del 2014, la non strategicità di Ast. «Non è strategico, ma resta un asset importante -precisa Burelli -. A oggi non ci sono dossier di vendita».

Per questo a Terni oggi nessuno aspetta il cavaliere bianco. Anzi, i cantieri aperti sono numerosi. Sul piano produttivo l’obiettivo dichiarato di Burelli è incrementare le forniture di qualità raggiungendo direttamente gli end user che necessitano di inox per le marmitte nell’automotive, per elementi nel mercato del freddo, per le pareti degli ascensori o per i pannelli delle cucine. «Vogliamo portare l’incidenza di questa quota dal 25 al 50% del totale -spiega l’ad -e posizionarci nei segmenti che non comprano il prezzo, ma la tolleranza dimensionale e la qualità superficiale».

Il mercato è positivo: Ast vende il 40% in Italia, mentre tra i mercati esteri la Germania resta il primo cliente, seguito da Polonia, Ungheria, Romania e, negli ultimi anni, da Spagna e Portogallo. La produzione di acciaio liquido è salita a 959mila tonnellate e salirà ancora («non troppo grandi, però -spiega Burelli -, altrimenti rischiamo di perdere contatto con le
nicchie ad alto valore aggiunto»), lo spedito è stato di 849mila tonnellate. In questi mesi è stata trasferita a Torino, come concordato con il sindacato, la linea 6: a febbraio si raccoglieranno i primi risultati produttivi, con l’obiettivo di raggiungere a regime una capacità produttiva aggiuntiva di 60mila tonnellate nel freddo. Bene anche il «black» (il semilavorato grezzo), con la conferma del battente di acquisto storico del cliente principale in Italia. Per quest’anno si prevede anche un aumento del 10% nella produzione di tubi. È vicino all’aggiudicazione nel frattempo l’innovativo progetto di gestione delle scorie, per il quale sono in lizza la francese Harsco minerals e la finlandese Tapojarvi. «È un impianto che evita la discarica per le scorie di acciaio inossidabile -spiega Burelli -: le tratta come materia prima seconda, in modo da utilizzarla nel ciclo del cemento e dell’asfalto in sostituzione di aggregati naturali».

In discussione c’è un contratto di 12 anni, con importi economici rilevanti. La data di aggiudicazione, più volte annunciata come imminente, negli ultimi mesi è slittata in avanti. «Stiamo riallineando le offerte per potere fare una corretta valutazione economica del progetto -spiega Burelli -. Fra poco avremo un quadro più chiaro, ma non abbiamo al momento una data precisa per l’aggiudicazione: si tratta comunque di qualche settimana, non di mesi». Burelli rivendica poi i risultati ottenuti in termini di efficienza, con l’applicazione della lean production. Sul piano dell’occupazione, oggi Ast ha circa 2.300 addetti, ai quali si aggiungono gli interinali. «Con l’accordo di riorganizzazione del 2014 ci siamo impegnati a mantenere per quattro anni un determinato livello di investimenti e di organico -spiega Burelli -. Ora è possibile iniziare a discutere di un premio di risultato, operativo da questo esercizio, che permetta di stimolare e coinvolgere maggiormente». Il pdr avrà un «cancello d’ingresso» che dipenderà dai risultati economici, e comprenderà altri parametri. «L’importante -spiega Burelli -è che si tratti di indicatori semplici, comprensibili e impattabili dai lavoratori».

Matteo Meneghello
Fonte: Il Sole 24Ore