Ex-Ilva, ricorso alla magistratura contro la chiusura dell’alto forno 2

Appello cautelare contro l’ordinanza sul blocco del giudice del dibattimento
Attesa la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto sull’immunità

Doppia mossa legale di Ilva in amministrazione straordinaria per scongiurare lo spegnimento, il 10 ottobre, dell’altoforno 2 a Taranto dopo il nuovo sequestro senza facoltà d’uso disposto il 27 giugno dal sostituto procuratore Antonella De Luca. L’iniziativa arriva mentre si attende a breve la pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale” del decreto legge “Imprese” che per l’immunità penale relativa al piano ambientale della fabbrica cancella lo stop generale dal 6 settembre e la trasforma a scadenza, valevole cioè per l’attività da farsi su ciascun impianto, e con un perimetro applicativo più circoscritto rispetto alla norma originaria del 2015. Ieri, infatti, scadevano i termini entro i quali i ministeri “concertanti” dovevano trasmettere al Mise le loro eventuali osservazioni sul nuovo decreto. Che per andare alla firma del presidente Mattarella e alla pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” deve abbandonare la formula “salvo intese” con la quale il Cdm l’ha approvato ai primi di agosto, prima che scoppiasse la crisi Lega-M5s. E ieri, intanto, i legali di Ilva in as, Angelo Loreto e Filippo Dinacci, hanno presentato al Tribunale del Riesame un appello cautelare contro l’ordinanza del giudice del dibattimento, Francesco Maccagnano, che il 31 luglio ha respinto la prima istanza della stessa Ilva in as finalizzata ad avere la facoltà d’uso dell’impianto ri-sequestrato per farvi gli ulteriori lavori di messa in sicurezza. A Maccagnano, inoltre, è stata presentata una seconda istanza per la facoltà d’uso dell’altoforno sempre per la finalità dei lavori. I due atti sono stati trasmessi anche ad ArcelorMittal, gestore in fitto dell’acciaieria (Ilva in as resta proprietaria sin quando non si perfeziona la vendita alla multinazionale), che sul tema non ha assunto iniziative legali autonome. I tempi: Maccagnano potrebbe esprimersi sulla nuova istanza entro metà settembre mentre il Tribunale del Riesame entro fine mese. Se Maccagnano accenderà il semaforo verde, Ilva in as rinuncerà all’appello al Riesame. I tempi sono molto stretti perché il cronoprogramma per lo spegnimento dell’altoforno 2 è già in realizzazione, con la gestione del custode giudiziario Barbara Valenzano, e se si dovesse arrivare allo stop causa sequestro, nell’arco di poco tempo ArcelorMittal rischia di trovarsi a Taranto con un solo altoforno in marcia, l’1, sui tre ora operativi. Perché al 2 sequestrato si aggiungerebbe l’afo 4 da fermare per manutenzione.

È coerente, si spiega, la doppia mossa legale fatta ieri da Ilva in as in quanto la società dettaglia quanto già realizzato sull’altoforno e rimarca, anche sulla base di pareri espressi da alcuni enti di controllo, come la sicurezza non sia a rischio. Partendo da un aspetto che Maccagnano ha sollevato nella sua ordinanza di rigetto di fine luglio, ovvero che nè Ilva in as, nè Procura, hanno indicato misure alternative e soluzioni temporanee per permettere la facoltà d’uso, adesso la società proprietaria dell’impianto indica degli accorgimenti ulteriori da attuarsi nell’immediato e si impegna a completare i lavori indicati dal custode giudiziario dopo il primo sequestro dell’estate 2015, quando ci fu l’incidente che causò la morte dell’operaio Alessandro Morricella (ci fu anche un decreto legge che attenuò il sequestro). In una prima fase, Ilva aveva giudicato non tecnicamente fattibili alcuni lavori indicati dal custode. Di qui la mancata esecuzione contestata dal gup Pompeo Carriere, il rigetto della richiesta di dissequestro e il ripristino del sequestro senza facoltà d’uso da parte del pm De Luca. Adesso al giudice Maccagnano l’azienda dice che con l’assetto dell’altoforno mutato grazie agli interventi eseguiti, con la termocamera che controlla a distanza la temperatura della ghisa, con la parziale automazione realizzata e il conseguente impiego di un minor numero di operatori sul campo di colata, ciò che quattro anni fa si presentava come irrealizzabile, può invece giovarsi di un nuovo quadro impiantistico e dell’innovazione tecnologica che nel frattempo c’è stata. Ci sono, quindi, le condizioni per reintervenire. Stessa prospettazione viene fatta anche al Riesame, al quale si dichiara che azioni immediate e interventi strutturali sono compatibili con la facoltà d’uso dell’altoforno 2.

Domenico Palmiotti

Fonte: Il Sole 24 Ore