Le esportazioni della Turchia zavorrano l’acciaio italiano

Dopo l’allarme di Mittal Federacciai rilancia: «Serve parità di condizioni»
Per la fiera Made in steel si registra un aumento di player internazionali

Turchia, soprattutto, ma anche Indonesia e altri. Le frontiere italiane ed europee subiscono la pressione delle importazioni extraeuropee, con prodotti che in alcuni casi hanno esaurito in pochi giorni i contingenti trimestrali disposti dalla Salvaguardia Ue, misura decisa proprio per arginare questo tipo di flussi, in gran parte conseguenza indiretta dei dazi all’import in Usa . Una situazione che si salda con la competizione unfair della Cina (che può contare in molti casi su aiuti statali e in generale su norme ambientali più lasche) e che ha fatto alzare bandiera bianca, lunedì, anche a un colosso come ArcelorMittal, pronto a tagliare ora 3 milioni di tonnellate di produzione in Europa, rallentando in questo modo anche il rilancio su Taranto. I vertici di Eurofer (riunisce i siderurgici europei), rispondendo ieri alle sollecitazioni dei giornalisti, non escludono che altri produttori (negli stessi segmenti indicati da ArcelorMittal) possano imitare questa scelta; Federacciai (l’output italiano frena del 2% a marzo) non vede questo rischio («le marginalità sono compresse – spiega il dg Flavio Bregant – ma fino a oggi i volumi hanno tenuto, la specializzazione del nostro acciaio dovrebbe continuare a garantire stabilità») ma non nega che il contesto sia difficile, con l’invasione dall’estero e la necessità che, come hanno ribadito i vertici di ArcelorMittal, si faccia in modo che «tutti possano produrre a parità di condizioni e nella difesa della libera concorrenza. Solo restando uniti, nella filiera, possiamo dare risposte».

Ed è proprio con questo appello al dialogo, in un contesto di turbolenza e «disordine» mondiale (al divario del costo della Co2 si sommano i costi dell’energia e l’aumento dei prezzi delle materie prime) che debutta Made in steel, la fiera biennale dell’acciaio. La rassegna si conferma in crescita , con 312 aziende presenti, di cui 72 estere.

«L’acciaio sta attraversando un delicato momento di cambiamento – spiega l’ad della fiera, Emanuele Morandi -, con alcuni settori utilizzatori, come costruzioni e automotive, in difficoltà e con la chiusura globale dei mercati. Uno dei nostri compiti, in un contesto del genere, è questo: parlare alla filiera perchè il mercato diventi luogo di relazione e scambio». Nella piazza virtuale allestita in 12.800 mq a Rho da martedì a giovedì prossimo ci saranno anche 12 operatori turchi, oggi partner ingombrante per Italia ed Europa. Per loro «i dazi di Trump sono al 50%, il doppio che qua – spiega Bregant -, i loro flussi si sono diretti soprattutto in Ue, e in particolare in Italia, dove la presenza si è triplicata, passando da 600mila tonnellate a 1,5 milioni. Siamo passati da un’incidenza dell’8,7% sul totale dei flussi al 33% del primo trimestre. La Turchia ha sfruttato i buchi regolatori della Salvaguardia. Se un player diventa tre volte più grande nello spazio di poco tempo, è chiaro che c’è un problema».

I distributori e trasformatori rappresentati da Assofermet sono più cauti. «I turchi utilizzano i contingenti previsti dall’Ue – spiega il presidente, Riccardo Benso -. Lo scenario globalizzato va maneggiato con cura, le spinte iper-regolamentatorie rendono tutto più complicato per chi è a valle della produzione. Temi che affronteremo nella nostra assemblea, che sarà ospitata in fiera, il 16 maggio».

Matteo Meneghello

Fonte: Il Sole 24 Ore