L’ultimatum di ArcelorMittal: tutele o chiusura il 6 settembre

Il futuro dell’ex Ilva. L’ad europeo Geert Van Poelvoorde: «Ancora due mesi, poi ci fermiamo» Di Maio: «No a ricatti. Soluzioni possibili. Il 4 luglio incontro con azienda». Salvini: «No allo stop»

Non usa giri di parole, né toni concilianti, Geert Van Poelvoorde, amministratore delegato di ArcelorMittal Europa. A margine della conferenza di Eurofer, esplicita quello che da alcuni giorni era già nell’aria: in assenza di una soluzione al problema della protezione legale, l’ex stabilimento Ilva di Taranto chiuderà il 6 settembre, dal momento che dal giorno dopo sarà abolita l’immunità penale e amministrativa che era stata introdotta da una legge del 2015. «Il Governo – sostiene Van Poelvoorde – continua a dirci di non preoccuparci, che troverà una soluzione, ma finora non c’è niente. Quindi il 6 settembre l’impianto chiuderà. Abbiamo ancora due mesi, spero che il Governo trovi una soluzione, siamo aperti a discutere». L’affondo del manager belga sembra spiazzare il ministero dello Sviluppo guidato dal leader M5S Luigi Di Maio, che a sua volta rinfaccia all’azienda le modalità con cui ha confermato la cassa integrazione ordinaria per quasi 1.400 lavoratori del sito di Taranto dal 1° luglio per 13 settimane. Dura la reazione del ministro: «Non accetto ricatti. Qui la legge è uguale per tutti. Ilva resti aperta, non hanno nulla da temere, le soluzioni si trovano». Ma è anche l’avvio della Cig «tramite comunicato stampa» ad essere fortemente criticato, «un atteggiamento irresponsabile – dice il Mise in una nota – che mina l’equilibrio sociale del territorio di Taranto. Un equilibrio messo già a dura prova in questi decenni e che crea allarmismo e tensione, frutto anche delle dichiarazioni dell’ad Geert Van Poelvoorde, sulla presunta chiusura dello stabilimento».

L’ultimatum dell’azienda giunge a pochi minuti dall’inizio del consiglio dei ministri, dove il tema però non viene sollevato dagli esponenti della Lega che invano nelle settimane scorse avevano  provato a modificare la norma sull’immunità voluta a tutti i costi dai Cinque Stelle per anticipare la sentenza della Corte costituzionale in arrivo ad ottobre. Il leader del Carroccio Matteo Salvini ne parla però a Porta a Porta, «non ci possiamo permettere che Ilva chiuda» dice, smorzando però lo scontro con i 5 Stelle: «Io non avrei abolito l’immunità ma il ministro Di Maio mi assicura che Ilva non rischia, io mi fido». Il Mise incontrerà i vertici dell’azienda il 4 luglio per cercare eventuali spiragli e starebbe valutando la possibilità di richiedere un parere all’Avvocatura dello Stato per tranquillizzare i manager sui margini di operatività alla luce della nuova norma che comunque, ormai, passerà inalterata nel Dl crescita. Su tutto però pende l’incognita della sentenza della Corte costituzionale attesa in autunno (si veda Il Sole 24 Ore del 25 giugno). «Vogliamo trovare una soluzione assieme ad ArcelorMittal – ribadisce lo staff di Di Maio – visto che, come già detto, l’azienda era stata informata già a febbraio 2019 degli sviluppi circa la possibile revoca dell’immunità penale, alla luce della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Gip di Taranto l’8 febbraio scorso sui diversi provvedimenti (tra cui proprio l’immunità) emessi dai Governi precedenti per salvare lo stabilimento siderurgico».

Riassumendo, il decreto crescita è stato approvato in prima lettura, con la fiducia, il 21 giugno e proprio oggi taglierà l’ultimo traguardo, il voto del Senato. Già il 19 giugno, in vista del voto della Camera, da parte di ArcelorMittal Italia, che ha preso gli impianti ex Ilva dall’amministrazione straordinaria, arrivato un preavviso. E anche ieri sera ArcelorMittal Italia ha precisato «che non  sarebbe possibile per nessuna società gestire lo stabilimento di Taranto senza identificare una soluzione costruttiva all’attuale contesto». «L’entrata in vigore del decreto crescita – si evidenzia – non consentirebbe ad alcuna società di gestire l’impianto oltre il 6 settembre, una data che è stata fissata dal governo, a meno che non sia garantita la necessaria tutela ambientale». Quindi ArcelorMittal dichiara di essere «aperta al dialogo con il governo e continua a sperare in una conclusione soddisfacente» che le consenta di proseguire l’investimento.

Il decreto, come detto, è arrivato in Senato invariato nell’articolo contestato, nonostante il pressing della Lega che non è riuscita ad andare oltre un ordine del giorno approvato alla Camera che impegna il governo a verificare l’impatto della nuova norma sugli accordi di cessione ad ArcelorMittal dell’Ilva e sull’occupazione. Anche a fine maggio, dopo l’annuncio da parte del ministro  dell’Ambiente Sergio Costa di avviare l’iter per il riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale, l’ad di ArcelorMittal Italia Matthieu Jehl aveva sottolineato la necessità della certezza delle regole per chi ha messo in cantiere su Taranto investimenti per quasi 4 miliardi. A sua volta lunedì scorso, a Taranto per il tavolo sul contratto istituzionale per la città, Di Maio aveva confermato il principio generale: l’immunità, che non è nel contratto – le sue parole – viene abolita dal 6 settembre e ArcelorMittal non deve temere nulla se starà ai patti e realizzerà i progetti. «Non voglio fare la guerra ad ArcelorMittal – aveva aggiunto -, né a loro si possono imputare le responsabilità del passato».

Carmine Fotina
Domenico Palmiotti
Fonte: Il Sole 24Ore