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Ex Ilva, ultimatum dei commissari: «Rischio spegnimento, ispezioni al via»

Ex Ilva, ultimatum dei commissari: «Rischio spegnimento, ispezioni al via»

Affondo del Governo: Urso ha chiesto di verificare lo stato degli impianti

Monito ad Acciaierie d’Italia per consentire l’accesso allo stabilimento pugliese

Impianti a rischio spegnimento. Continuità produttiva da garantire. Azioni correttive. Ispezioni urgenti. Notizie circostanziate. Il freddo lessico delle lettere che si scambiano i protagonisti dell’ex Ilva sembra sempre di più il preludio a uno scontro in Tribunale. Ieri mattina il ministro delle Imprese e del Made in Italy, a sorpresa, ha comunicato di aver sollecitato i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria (proprietaria degli impianti gestiti in affitto da Acciaierie d’Italia) e il socio pubblico Invitalia ad attivare «tutte le azioni necessarie al fine di garantire la continuità produttiva degli impianti siderurgici di Taranto». Poche ore dopo è arrivata la richiesta dei commissari all’amministratore delegato dell’azienda, Lucia Morselli, di ispezionare gli impianti. Si è mossa anche Invitalia, con una comunicazione per chiedere che, nel rispetto dei compiti di gestione, siano assunte «tutte le iniziative necessarie per garantire la continuità aziendale e la sicurezza dei lavoratori e degli impianti». La società guidata da Bernardo Mattarella paventa, «se fossero fondate le notizie» circa lo spegnimento degli impianti, conseguenze «potenzialmente disastrose e irreversibili».

Quanto ai commissari, nella loro lettera fanno riferimento a notizie attinte da varie fonti in base alle quali «lo stato degli impianti dell’acciaieria di Taranto sarebbe prossimo al collasso, al punto che la situazione, ove non intervengano immediate azioni correttive, potrebbe portare alla distruzione delle cokerie e degli altoforni ancora attivi, impedendo, o comunque, rendendo molto più oneroso, il successivo riavvio della produzione». Si riprendono «dichiarazioni di fonte sindacale» che fanno riferimento «all’imminente spegnimento di tutti gli impianti dello stabilimento di Taranto». Di qui – dopo una prima lettera del 23 gennaio che si sottolinea rimasta «inspiegabilmente priva di riscontro» – il rinnovo dell’invito a fornire «entro la fine dell’odierna giornata lavorativa» (entro ieri dunque) «notizie circostanziate circa l’eventuale decisione» dello spegnimento e «circa le cautele che, in tal caso, intendereste adottare» per garantire la funzionalità degli impianti. I commissari chiedono di avviare le ispezioni anche in deroga alla procedura che regola questo tipo di accessi dichiarandosi «sin da subito» disponibili a mandare i propri tecnici. Attualmente, i rapporti tra proprietà e gestore prevedono che Ilva in As faccia richiesta di ispezione e che Acciaierie risponda entro cinque giorni lavorativi. Ma la situazione nel siderurgico sta precipitando, perciò ministero e commissari vogliono accelerare i tempi. Nelle ultime ore infatti i sindacati hanno denunciato che è stata abbassata la carica dell’altoforno 4, mettendo più coke e riducendo il ferro, operazione che prelude alla fermata, e che si sta predisponendo lo stop delle batterie coke 7-8. L’altoforno 4 é l’unico attualmente in marcia.

Le lettere inviate ieri confermano un quadro sempre più prossimo all’attivazione dell’amministrazione straordinaria anche per Acciaierie d’Italia (dopo quella in essere per la vecchia Ilva) su istanza del socio pubblico Invitalia, opzione attivabile tra sette giorni in base alla procedura del decreto legge 2/2023 e del nuovo decreto approvato il 16 gennaio. I negoziati tra Invitalia e il socio privato ArcelorMittal formalmente restano aperti, stando alla lettera inviata dalla società controllata dal Tesoro in riferimento alle condizioni finanziarie per un possibile accordo su aumento di capitale e governance, ma la deflagrazione è a un passo. Lo dimostra anche la decisione di Acciaierie d’Italia spa di puntare a un ricorso cautelare d’urgenza ex articolo 700 del Codice di procedura civile al Tribunale di Milano per rintuzzare l’amministrazione straordinaria.

L’ultima ispezione fatta da Ilva in amministrazione straordinaria risale a giugno 2020. Non fu facile per i tecnici entrare in quanto l’ad Morselli si oppose adducendo come motivazione il mancato rispetto delle regole di accesso. L’ispezione ebbe poi luogo nei giorni successivi a quelli programmati. Emerse già allora un quadro di criticità (Mittal aveva in gestione la fabbrica da oltre un anno e mezzo), poi confermato da Arpa Puglia (Agenzia regionale per la protezione ambientale) nei sopralluoghi fatti insieme all’Ispra sullo stato dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Arpa aveva parlato di impianti «ammalorati». Le ispezioni arrivarono nel pieno dello scontro tra il governo Conte e la multinazionale. Contesa che, dopo le minacce di cause colossali, si concluse con l’accordo che oggi sta lentamente andando in frantumi.

In serata Acciaierie d’Italia ha risposto ai sindacati che hanno denunciato «uno spostamento illecito di personale da un impianto all’altro» ribadendo che ogni intervento è fatto «nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di legge e di contratto. L’azienda continua ad operare nel pieno rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza del personale e degli impianti».

Carmine Fotina
Domenico Palmiotti

Fonte: Il Sole 24 Ore

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Stop all’importazione di acciaio dalla Russia, prova ampia per l’origine delle materie prime

Stop all’importazione di acciaio dalla Russia, prova ampia per l’origine delle materie prime

Le nuove misure in vigore in materia di importazioni di acciaio e prodotti derivati si applicano solo per le importazioni di beni dichiarati o comunque presentati in dogana dopo il 30 settembre 2023, mentre l’origine delle materie prime con le quali sono realizzati i beni in questione può essere comprovata con qualsiasi mezzo valutato idoneo dalle autorità.
Dal 1° ottobre 2023, infatti, sono in vigore nuove e molto rilevanti disposizioni restrittive adottate dall’Ue nei confronti della Russia, a causa della situazione di conflitto in essere in Ucraina, confluite nel regolamento Ue 833/2014. In sostanza, è ora fatto divieto di importazione di prodotti siderurgici di cui all’allegato XVII del regolamento, sottoposti a trasformazione in un paese terzo e che incorporano prodotti siderurgici elencati nell’allegato XVII originari della Russia. Questo divieto si applica a partire dal 30 settembre 2023, a condizione che tali prodotti siano stati fabbricati dopo il 23 giugno 2023. La tematica ha posto fin da subito molti quesiti per le imprese, quesiti ai quali ha dato generale riscontro la Commissione Ue, aggiornando le Faq sulle regole di applicazione dei pacchetti sanzionatori oggi in vigore, dei quali ha dato pubblicità l’agenzia Dogane con un avviso pubblicato sul proprio sito internet.

Tempo di validità e prove di origine

Due sono i temi approntati: il tempo di validità delle norme e le prove di origine da presentare in dogana.
Al fine di circoscrivere l’efficacia del divieto nel tempo, le autorità distinguono due ipotesi.
1) Merci svincolate anteriormente al 30 settembre 2023: per ovvi motivi, queste sono di libera e legittima circolazione nell’Ue, a prescindere dall’origine russa o meno della materia prima.
2) Merci presentate in dogana anteriormente al 30 settembre 2023 e non ancora svincolate: le autorità doganali possono svincolare le merci che si trovano fisicamente nell’Unione purché siano state regolarmente presentate in dogana alla data ultima del 30 settembre 2023.
Sul secondo tema, quello dell’origine, si annida la questione più insidiosa, perché non è semplice reperire prove concrete sull’origine delle materie prime da indicare obbligatoriamente in bolla doganale. In questo senso, la prova primaria è il Mill test certificate (Mtc), ora standardizzato per pronto uso dai servizi Ue, purché riportante tutti gli elementi informativi necessari. Tuttavia, deve essere chiaro che, in assenza di questo documento, l’operazione è comunque eseguibile purché, precisano le autorità, l’origine dei fattori produttivi sia attestata con ulteriori e combinati mezzi di prova o una combinazione quali, ad esempio, fatture, bolle di consegna, dichiarazioni del fornitore, ivi incluse le dichiarazioni del fornitore relative a più spedizioni (dichiarazioni del fornitore a lungo termine), corrispondenza commerciale, descrizioni di produzione, certificati di qualità e clausole negli ordini di acquisto o nei contratti eseguiti, a condizione che includano informazioni sull’origine dei fattori produttivi impiegati.

Resta la possibilità per le Dogane, in caso di ragionevole dubbio, di chiedere mezzi di prova supplementari relativi alle diverse fasi di trasformazione cui il prodotto è stato sottoposto e, in tal caso, è pretesa coerenza tra Met e/o tutti gli altri mezzi di prova.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore – NT (Norme e Tributi)

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Ex Ilva, sciopero a Genova Morselli: azienda più forte

Ex Ilva, sciopero a Genova Morselli: azienda più forte

Oggi nuova assemblea prima dell’incontro domani con la Regione e il Comune

Per l’ad Acciaierie d’Italia: «Diversi rispetto al passato, lavoriamo per un accordo»

Si conclude alle 7 di questa mattina, lo sciopero di 24 ore indetto ieri dalla rsu unitaria dello stabilimento ex Ilva di Genova Cornigliano, ora Acciaierie d’Italia; ma l’agitazione degli operai non è finita perché oggi, nuovamente, l’assemblea dei lavoratori si riunisce, alle 8, per stabilire q uali iniziative prendere. Tutto questo, in attesa dell’incontro con Regione Liguria e Comune di Genova, organizzato per domani dal governatore Giovanni Toti (nei due giorni precedenti impegnato, a Torino, al Festival delle Regioni).

Ieri, dalla fabbrica gestita da Arcelor Mittal, gli scioperanti sono usciti con mezzi pesanti e hanno dato vita a un corteo che ha bloccato le principali arterie del Ponente genovese. La manifestazione, iniziata intorno alle 8,30, si è conclusa alle 13 circa, con il rientro in fabbrica di operai e mezzi; ma l’astensione dal lavoro è proseguita.

Sottolineando l’alta adesione ottenuta dallo sciopero di Genova, una nota delle segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm sottolinea che «le iniziative delle lavoratrici e dei lavoratori non si fermeranno fino a quando non ci saranno risposte concrete da parte del Governo e dell’azienda su temi irrisolti da anni, sia a livello dei singoli siti che a livello di gruppo. Servono investimenti sulla manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti, sulla produzione e il rilancio degli impianti, sull’occupazione. Alle nostre richieste, non c’è stata alcuna risposta, da parte del Governo, durante l’incontro del 27 settembre a palazzo Chigi; per cui insistiamo a chiamare in causa Governo e Arcelor Mittal: devono assumersi le proprie responsabilità. È inaccettabile l’assenza di programmazione delle risorse pubbliche e private necessarie a rilanciare la produzione di acciaio nel nostro Paese».

Apparentemente poco colpita dalle manifestazioni, l’ad d’Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, si è mostrata sicura di sé ieri, a Taranto, dove ha parlato, a margine di un’iniziativa del Politecnico di Bari (col quale l’azienda collabora su progetti di ricerca) con la Marina Militare. «Quest’azienda – ha detto – è completamente diversa da quella di quattro anni fa, è molto più bella, molto più potente, molto più forte. Non è un momento brutto per l’azienda. È un momento brutto per chi se ne vuole in qualche modo occupare, senza averne motivo. Si dice che la fabbrica è al collasso? Io non lo so. Le buone notizie non fanno titolo. Credo che, però, questi allarmi possano essere utili per essere ascoltati o per illuminare qualcuno o qualcosa».

Riguardo agli scioperi, quello di ieri a Genova e quello del 28 settembre a Taranto (durante la convention Steel Commitment 2023), chiosa: «Sono quattro anni che sono qui, tutti i giorni sono stati uguali. Ci sono dei momenti in cui, chiaramente, ci sono più tensioni, altri in cui ce ne sono meno. Sono passati quattro anni e abbiamo fatto delle cose belle. Una delle cose belle è avvenuta la settimana scorsa, quando abbiamo avuto 500 clienti, che sono venuti nonostante ci fosse un clima non molto ricettivo (le portinerie presidiate, ndr) . Nessuno ha cancellato, c’erano anche delle persone importanti, grandi imprenditori che avrebbero potuto mettere a rischio la loro incolumità ma sono venuti lo stesso». L’ad ha confermato, poi, che è in corso un negoziato tra gli azionisti di Acciaierie e il Governo: «C’è tutta l’intenzione, mi sembra, di raggiungere un accordo. C’è una disponibilità assoluta delle parti. Questo è considerato un luogo di grande valore, sia per gli azionisti privati che per l’azionista pubblico». Ma, ha avvertito Morselli, «non ci sono soluzioni dietro l’angolo, soluzioni facili. Ci sono soluzioni, ma bisogna lavorarci molto. Questa è una realtà molto complessa».

 

Fonte: Il Sole 24 Ore

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